Home / Per il Sociale  / Ambiente & Territorio  / Caccia chiusa (stagione 2014-15), LAV: anno dopo anno, ancora un tragico bilancio per gli animali, i cittadini e l’ambiente

Caccia chiusa (stagione 2014-15), LAV: anno dopo anno, ancora un tragico bilancio per gli animali, i cittadini e l’ambiente

Anche quest'anno la stagione di caccia si conclude ufficialmente il 31 gennaio, portando con sé il solito tragico bilancio: "un'assurda carneficina, una strage di animali, danni incalcolabili all'ambiente, vittime tra i cacciatori e tra la

LAV

Anche quest’anno la stagione di caccia si conclude ufficialmente il 31 gennaio, portando con sé il solito tragico bilancio: “un’assurda carneficina, una strage di animali, danni incalcolabili all’ambiente, vittime tra i cacciatori e tra la gente comune”- afferma la LAV

 

LAVSono ben 88 le vittime umane, registrate da settembre 2014 a 29 gennaio 2015: 22 morti e 66 feriti in poco più di quattro mesi, attribuibili ad armi da caccia e cacciatori, secondo gli ultimi dati dell’Associazione Vittime della Caccia.

Netta la contrarietà degli italiani alla caccia: il 78,8%, secondo il Rapporto Italia 2015 presentato oggi da Eurispes.

“Una vera e propria guerra, che ad ogni stagione ripropone le assurdità dell’attività venatoria, il massiccio uso di armi e l’odioso libero accesso dei cacciatori nei terreni privati: il Governo e il Parlamento devono sentire il dovere di mettere fine a questa carneficina – dichiara Massimo Vitturi, responsabile LAV settore Caccia e Fauna selvatica

“Se la stagione venatoria si chiude il 31 gennaio, la caccia non si ferma mai: non c’è pace per gli animali selvatici che, complici i numerosi piani di abbattimento, di volta in volta disposti da Regioni e Province, continuano ad essere uccisi per tutto il corso dell’anno – continua Vitturi – Tra le specie maggiormente colpite: le volpi con i loro cuccioli, le nutrie, i daini, i caprioli, i colombi che cadranno a migliaia sotto il piombo dei cacciatori, il più delle volte senza alcuna motivazione scientifica se non il chiaro intento della classe politica di raccogliere i voti dei cacciatori. A tutto questo, negli ultimi decenni si aggiungono le sistematiche stragi per la caccia cosiddetta di selezione. L’unica consolazione è che la caccia non è più un fenomeno di massa come 30 – 40 anni fa, infatti dagli anni ’80 ad oggi i cacciatori si sono dimezzati, arrivando a circa 700 mila unità. Eppure, tanto basta a riproporre ogni anno le insopportabili cifre di un’inutile carneficina …”

Una uccisione sistematica, spesso accompagnata da risvolti di illegalità. Tra le violazioni di legge commesse più di frequente dai cacciatori: abbattimento di fauna non cacciabile, caccia con modalità diversa da quella prevista (es. mezzi non consentiti), caccia in ATC diverso da quello di residenza venatoria, caccia a distanza da abitazioni, strade o luoghi di lavoro, inferiore a quella prevista dalla legge, caccia con documenti non in regola, caccia con utilizzo del cane da riporto (non ammesso nelle giornate di pre apertura).

Secondo i dati riportati dalla LAC, più dell’80% dei reati venatori gravi verrebbero compiuti da cacciatori veri e propri, “fatto che dimostra come il fenomeno sia endemico e ‘istituzionalizzato’ in Italia – afferma la LAV – la connessione fra caccia e illegalità è inoltre sottolineata dal fatto che l’81% dei reati venatori vengono commessi durante la stagione di caccia: un ulteriore motivo per opporsi ad ogni ipotesi di estensione della stagione di caccia”.

“Se è dimostrato che durante la stagione di caccia i reati aumentano esponenzialmente, è altrettanto vero che i danni arrecati dall’utilizzo di armi da caccia non si limitano alle sole attività venatorie in senso stretto – commenta Vitturi – ad aggravare questa situazione, l’introduzione nel Decreto Legge 91 del 2014 – meglio conosciuto come ‘Decreto Competitività’ – di un comma che delega a Regioni e Province la gestione finalizzata all’eradicazione o al controllo delle specie alloctone (tra queste, gli scoiattoli grigi e le nutrie) ed inoltre, l’esclusione delle stesse nutrie dalla lista delle specie selvatiche oggetto di tutela (in base all’articolo 2 comma 2 della Legge 157 del 1992). Due innovazioni che, di fatto, finiscono per agevolare piani di abbattimento che spesso prevedono l’utilizzo di armi da caccia, legittimando lo ‘sparo’ anche al di fuori del periodo venatorio, moltiplicando nella pratica le occasioni di rischio per la sicurezza pubblica e rendendo più difficili le attività di controllo anti-bracconaggio, con serie conseguenze per la fauna”.

E le conseguenze per la gente comune? I dati a questo proposito sono espliciti: il computo delle vittime stilato dall’Associazione Vittime della Caccia include, oltre ai cacciatori, anche gravi danni tra i civili: 4 morti e 21 feriti.

“Si tratta degli inevitabili risvolti di un’attività che per il suo normale svolgimento necessita della diffusione, della circolazione e dell’utilizzo di armi di vario tipo: un fatto che comporta rischi evidenti per la collettività e ingenti oneri in termini di controllo e pubblica sicurezza – commenta la LAV – senza contare la carneficina operata a danno di animali di ogni specie ed il danno subito dall’ambiente, sia in termini di biodiversità, che di inquinamento”.

La caccia, infatti – conclude la LAV – oltre alla strage di animali provoca:

– l’estinzione generale o locale di alcune specie e la rarefazione di altre;

– l’alterazione degli equilibri ecologici naturali;

– la diffusione di malattie, come il saturnismo (avvelenamento da piombo degli uccelli che ingeriscono i pallini)

– e gravi sofferenze agli animali feriti.